“Le stime del report Teha Group: neutralità climatica con mezzo secolo di ritardo” di Matteo Rizzi. Fonte Italia Oggi

Circa 8 edifici su 10 rientrano in classi energetiche sotto la D
L’obiettivo di un parco immobiliare italiano più efficiente dal punto di vista energetico è la montagna da scalare. L’80% degli edifici italiani, infatti, è ancora inefficiente. E senza un cambio di rotta, la decarbonizzazione arriverà nel 2103. Oltre otto edifici su dieci in Italia sono stati costruiti prima del 1990. Di questi, circa il 79% si colloca nelle classi energetiche più basse, inferiori alla D. Si stima che l’efficientamento “smart” del patrimonio edilizio più vetusto consentirà di ridurre del 29% i consumi energetici annui e del 5% quelli idrici, con un calo atteso delle emissioni tra il 20 e il 24%, pienamente in linea con gli obiettivi fissati dalla direttiva europea sulle case green. Il risparmio economico potenziale è quantificato in 17-19 miliardi di euro all’anno, pari fino al 19% della spesa complessiva sostenuta dalle famiglie per l’energia, se si intervenisse in modo mirato sugli edifici più vecchi, adottando soluzioni smart, digitali e ad alta efficienza. A scattare questa fotografia è il rapporto strategico 2025 della Community Smart Building di Teha Group, che sarà presentato il prossimo 28 maggio, durante il forum Smart Building a Roma.
Il documento evidenzia come, in assenza di un’accelerazione nelle politiche di riqualificazione, il comparto edilizio italiano raggiungerà la neutralità climatica non prima del 2103. Poco più di mezzo secolo di ritardo rispetto all’obiettivo europeo del 2050. Eppure il potenziale di trasformazione esiste. E ha un valore economico quantificabile, a livello individuale, tra i 300 e i 330 euro all’anno per famiglia. I benefici, però, non si fermano al piano economico. Una riqualificazione diffusa, secondo il modello elaborato da Teha, in collaborazione con Enea e Cnr, potrà permettere anche una riduzione del 29% dei consumi energetici, del 5% di quelli idrici e tra il 20% e il 24% delle emissioni di CO0, ossia 8-12 milioni di tonnellate annue in meno. Il confronto con i dati attuali rende la distanza evidente: solo nel 2021, il comparto edilizio italiano ha prodotto 75,5 milioni di tonnellate di COO equivalente. Per rispettare i parametri fissati dal piano europeo Fit for 55, questa cifra dovrà essere ridotta a 12,4 milioni entro il 2050. Un taglio dell’84% in 25 anni che, alla luce degli attuali ritmi, sembra oggi fuori portata.
Tasso di rinnovamento fermo allo 0,85%, metà della media europea. Nel confronto con i partner europei, il ritardo italiano è evidente. Il tasso annuo di rinnovamento edilizio in Italia si attesta allo 0,85%, esattamente la metà rispetto a Francia e Germania, che registrano un valore del 1,7%. Questo significa che, ogni anno, in Italia viene ristrutturato meno dell’1% del patrimonio edilizio esistente. In altri termini, servirebbero più di cento anni per completare il rinnovo energetico di tutto il parco immobiliare nazionale. Una dinamica troppo lenta per reggere l’urgenza climatica. Lo stock immobiliare italiano è tra i più obsoleti in Europa. Nonostante il progresso tecnologico, i segnali di miglioramento sono ancora deboli: tra il 2018 e il 2025 la quota di edifici in classe A è passata solo dal 2,9% al 3,8%. Si tratta di un incremento marginale, che conferma la necessità di un intervento più deciso e strutturato.
Il nodo è soprattutto economico. La spesa delle famiglie italiane per consumi energetici legati ad abitazione, elettricità e riscaldamento, ha raggiunto nel 2023 quota 54,2 miliardi di euro, con un incremento del 31% rispetto al 2015. Il costo dell’energia, inoltre, pesa maggiormente sulle famiglie che vivono in edifici inefficienti: la qualità dell’involucro e degli impianti determina una forte disuguaglianza nella spesa. E non è tutto: nel solo biennio 2022-2023, l’Italia ha registrato una media di perdite economiche legate a eventi climatici pari a 282 euro pro capite, seconda solo alla Slovenia in tutta l’Ue-27. In valore assoluto, siamo il primo Paese europeo per danni economici da eventi meteo-climatici, con oltre 15,7 miliardi di euro di perdite all’anno.
Direttiva case green: l’Italia ha tempo fino a maggio 2026. La trasformazione del patrimonio immobiliare non è più una scelta. E un obbligo imposto dall’Europa. Entro il 29 maggio 2026, l’Italia dovrà recepire formalmente la nuova direttiva case green, Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Epbd), direttiva (Ue) 2024/1275, approvata nel marzo 2024. Il testo stabilisce obiettivi stringenti per il miglioramento delle performance energetiche degli edifici in tutti gli Stati membri.
Per il comparto non residenziale, la direttiva impone la ristrutturazione del 16% degli edifici con le prestazioni peggiori entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Per il residenziale, l’obiettivo è la riduzione del 16% dei consumi energetici primari entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Almeno il 55% del risparmio deve derivare da interventi sugli immobili in classe G, ovvero i più energivori. Dal 2030, inoltre, tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni. E quelli non residenziali con impianti sopra i 70 kw dovranno essere dotati di sistemi di automazione e controllo. Smart building, una filiera da 43 miliardi di valore aggiunto. La risposta, secondo la Community Smart Building di Teha, passa per il concetto di “smart building”, che integra efficienza, digitalizzazione, sostenibilità e automazione, traducendosi in un hub edilizio intelligente, adattivo e connesso. Una trasformazione che non riguarda solo il singolo immobile, ma un’intera filiera produttiva. Nel 2023, la filiera estesa degli edifici intelligenti ha generato in Italia un valore aggiunto pari a 43 miliardi di euro, occupando circa 419 mila persone. Comprende 350 mila aziende, articolate in oltre 180 sotto-settori: materiali da costruzione, impianti, software, automazione, gestione energetica, manutenzione, sensori, telecomunicazioni. Secondo Teha, entro il 2030 l’intero comparto potrebbe creare 200 mila nuovi posti di lavoro qualificato. A patto, però, di superare il mismatch, cioè lo squilibrio attuale. Formazione: oltre metà delle imprese non trova personale adatto. Il 57,6% delle imprese edilizie italiane, nel 2023, ha dichiarato difficoltà nel reperire nuove figure professionali. Le cause principali sono la carenza di candidati e la loro preparazione inadeguata. Per questo la Community propone un piano strutturato di upskilling e reskilling degli operatori della filiera, cioè di miglioramento delle competenze e di sviluppo di nuove competenze per progettisti, installatori, impiantisti, contractor. Nel corso degli ultimi dieci anni, le Its Academy hanno formato oltre 46 mila studenti in percorsi legati all’efficienza energetica e alla sostenibilità, con un tasso di occupazione superiore all’87% entro un anno dal diploma. Ma serve un salto di scala. Il rapporto propone anche di rendere obbligatoria la formazione specifica per partecipare ai grandi appalti pubblici di riqualificazione edilizia, come leva per elevare gli standard tecnici e accelerare la transizione. Incentivi da ripensare, nasce l’idea del “Libretto della casa”. L’altro grande fronte è quello delle risorse. La Community propone di riformare il sistema di incentivi rendendolo proporzionale ai risparmi energetici effettivamente ottenuti, stabile fino al 2030 e aperto a tutte le tecnologie, secondo il principio di neutralità. Al tempo stesso, si chiede di facilitare l’accesso al credito e di valorizzare strumenti come i partenariati pubblico-privati e gli Energy Performance Contract (Epc, Contratti di performance energetica). Si tratta, cioè, di un tipo di contratto che stabilisce un accordo tra un cliente (azienda, ente pubblico o struttura commerciale) e un fornitore di servizi energetici allo scopo di migliorare l’efficienza energetica di un edificio odi un impianto e ridurre i costi energetici.
Tra le proposte c’è il “Libretto della casa”, sulla linea del passaporto di ristrutturazione previsto dalla direttiva case green: un documento volontario e digitale che permetta di certificare e tracciare gli interventi effettuati su ciascun immobile, indicandone le tecnologie installate, il livello di efficienza raggiunto e i risparmi conseguiti.
Italiani preoccupati, ma disinformati. La spinta della domanda potenziale esiste: secondo un’indagine realizzata da Teha nel dicembre 2023, 1’83% degli italiani si dichiara molto o decisamente preoccupato per l’aumento dei costi di gestione degli edifici. Oltre il 55% ha già razionato i consumi, il 40% ha cambiato l’illuminazione, il 32% ha rinnovato gli elettrodomestici. Tuttavia, la conoscenza del tema è ancora scarsa: solo il 6,7% degli intervistati si ritiene ben informato sul concetto di smart building; il 64% dichiara di non averne mai sentito parlare o di conoscerlo in modo molto superficiale. Per colmare questo gap, il rapporto propone una campagna nazionale di comunicazione, destinata a cittadini e pubbliche amministrazioni. Allo stesso tempo, si sottolinea la necessità di condividere best practice e aumentare la consapevolezza delle p.a. sugli strumenti disponibili, come il nuovo Conto termico 3.0 o gli Epc.
 
							